ABBONAMENTI
ROMA
5 ingressi 25 euro
validità 3 mesi
10 ingressi 45 euro
validità 5 mesi
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BIGLIETTO STUDENTI SEMPRE RIDOTTO PER SCUOLE MEDIE SUPERIORI
E UNIVERSITARI UNDER 26 MUNITI DI LIBRETTO |
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COLD WAR
da giovedì 27 dicembre a mercoledì 2 gennaio al cinema Roma
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giovedì 27: ore 17.15 - 21.30
venerdì 28: ore 21.30
sabato 29: ore 18.30 - 20.30
domenica 30: ore 16.30 - 20.30
lunedì 31: ore 21.30
martedì 1: ore 18.30 - 20.30
mercoledì 2: ore 17.15 - 21.30
Zimna wojna
Gbr-Fra-Pol, 2018
Regia: Pawel Pawlikowski
Attori: Tomasz Kot - Wiktor, Agata Kulesza - Irena, Joanna Kulig - Zula, Borys Szyc - Kaczmarek, Jeanne Balibar - Juliette, Jacek Rozenek - Józef Rózanski, Cédric Kahn - Michel, Martin Budny - Americano, Philip Lenkowsky - Straniero, Adam Woronowicz - Console, Adam Ferency - Ministro, Adam Szyszkowski - Guardia, Drazen Sivak - Investigatore 1, Slavko Sobin - Investigatore 2, Aloïse Sauvage - Cameriera, Anna Zagórska - Ania, Tomasz Markiewicz - Capo del ZMP, Izabela Andrzejak - Mazurek, Kamila Borowska, Katarzyna Ciemniejewska, Joanna Depczynska, Gracjana Graczyk, Dominika Ladziak, Martyna Mankowska, Zofia Nowak, Anna Pas, Patryk Jurczyk, Pawel Kasprzak
Sceneggiatura: Pawel Pawlikowski, Janusz Glowacki - (cosceneggiatore)
Fotografia: Lukasz Zal
Montaggio: Jaroslaw Kaminski
Scenografia: Marcel Slawinski, Katarzyna Sobanska
Costumi: Aleksandra Staszko
Suono: Maciej Pawlowski, Miroslaw Makowski
Durata 89'
Colore B/N
Genere DRAMMATICO
Specifiche tecniche
DCP (1:1.37)
Produzione
EWA PUSZCZYNSKA, TANYA SEGHATCHIAN PER OPUS FILM, APOCALYPSO PICTURES, MK PRODUCTIONS
Distribuzione
LUCKY RED
https://www.youtube.com/watch?v=6pzWffB0caM
Sullo sfondo della guerra fredda, passione e sentimento si intrecciano disegnando un'intensa e indimenticabile storia d'amore.
PREMIO PER LA MIGLIOR REGIA AL 71. FESTIVAL DI CANNES (2018)
'Cold war', amore e jazz a Varsavia sullo sfondo della cortina di ferro
Un musical in bianco e nero su una storia d'amore tormentata scandita dalle canzoni popolari polacche, dal jazz di Gershwin e dalla musica pop anni Sessanta, con l'immancabile 24.000 baci. Applaudito alla proiezione per la stampa e candidato a qualche premio nel Palmarès, dopo l'anteprima al Grand Théatre Lumière alla presenza del cast, Cold War (Guerra fredda) del regista premio Oscar polacco Pawel Pawlikowski (miglior film straniero con Ida del 2013), è un ritratto in bianco e nero della Polonia della cortina di ferro. Attraverso la storia d'amore di due artisti, la cantante e ballerina Zula (Joanna Zulig) e il pianista Wiktor (Tomasz Kot), tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio dei Sessanta. "Un film sul paradosso della vita - lo ha definito il regista - i protagonisti portano il nome dei miei genitori che per tutta la loro vita si sono amati, lasciati, traditi come loro".
Il racconto per episodi, immagini e canzoni dell'incontro dei due, inizia nella scuola di cultura e arte popolare (ispirato alla compagnia folk Mazowsze, fondata nel 1949 da una coppia di musicisti), la nascita del loro amore, la decisione di lui durante una tournée a Berlino di scappare nell'altro blocco convinto che lei lo seguirà, ma a Parigi andrà da solo e ci vorranno anni prima che si ritrovino. "Era tantissimo tempo che questa storia abitava dentro di me - ha detto il regista, nato a Varsavia ma andato a vivere in Inghilterra a 14 anni con la madre ballerina - soltanto il successo di Ida mi ha fatto credere di poterla realizzare".
Il regista, che nel passato ha realizzato molti documentari e alcuni film girati con star americane come My Summer of love con Emily Blunt o The Woman in the Fifth, interpretato da Ethan Hawke e Kristin Scott Thomas ma girato a Parigi, ha trovato la sua vena con il racconto della Polonia degli anni in cui i suoi genitori erano giovani. "Non credo che la nostalgia sia la mia cifra, certo è però che mi manca un mondo in cui non eravamo così distratti da tanto rumore - dice Pawlikowski - Ho vissuto per la maggior parte della mia vita fuori, ma tornando in Polonia io mi sento a casa. Emotivamente un luogo che conserva le tue memorie, il tuo linguaggio, il legame con le persone è quello giusto dove raccontare una storia, è necessario che il film abbia una casa". Ed è chiaro che la casa del cinema di Pawlikowski sia la Polonia di quegli anni (Ida è ambientato nel '62 ed è la storia di una giovane donna che sta per farsi suora e che scopre di provenire da una famiglia ebrea).
"Non saprei raccontare una storia d'amore così al giorno d'oggi, l'amore è troppo distratto da immagini e suoni tutto intorno - dice il regista - l'epoca della cortina di ferro mi sembrava il giusto ambiente per questo coppia tormentata perché all'epoca c'erano molti ostacoli e l'amore è tutto una questione di superare ostacoli. Era un'epoca più drammatica e i sentimenti erano più profondi. Tendo a guardami indietro non certo per nostalgia di Stalin ma in cerca di chiarezza senza il rumore che oggi ci confonde".
Come nel suo film Ida (dove c'era già Joanna Zulig a cantare 24.000 baci), anche qui la musica pop anni Sessanta italiana ha un suo spazio: "Quando ero un ragazzino a Varsavia impazzivano per cantanti come Adriano Celentano o Marino Marini, ma io preferivo i Rolling Stones. Oggi invece sono capace di apprezzare quella musica pop". Se non è nostalgia questa.
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OLD MAN & THE GUN
da giovedì 27 dicembre a mercoledì 2 gennaio al cinema Roma
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giovedì 27: ore 19.20
venerdì 28: ore 17.15
sabato 29: ore 16.30 - 22.30
domenica 30: ore 18.30
lunedì 31: ore 19.20
martedì 1: ore 16.30 - 22.30
mercoledì 2: ore 19.20
Usa, 2018
Regia: David Lowery
Attori: Casey Affleck - John Hunt, Robert Redford - Forrest Tucker, Sissy Spacek - Jewel, Tom Waits, Danny Glover, Elisabeth Moss, Keith Carradine, Tika Sumpter, Isiah Whitlock Jr., Augustine Frizzell, Gene Jones, Barlow Jacobs, Robert Longstreet
Soggetto: David Grann - (articolo)
Sceneggiatura: David Lowery
Fotografia: Joe Anderson
Musiche: Daniel Hart
Montaggio: Lisa Zeno Churgin
Scenografia: Scott Kuzio
Arredamento: Olivia Peebles
Costumi: Annell Brodeur
Durata 93'
Colore C
Genere THRILLER
Specifiche tecniche
ARRIFLEX, 16 MM
Tratto da
articolo di David Grann apparso sul quotidiano "The New Yorker" il 27 gennaio 2003
Produzione
TOBY HALBROOKS, BILL HOLDERMAN, JAMES M. JOHNSTON, ANTHONY MASTROMAURO, DAWN OSTROFF, ROBERT REDFORD, JEREMY STECKLER, JAMES D. STERN PER CONDÉ NAST, ENDGAME ENTERTAINMENT, IDENTITY FILMS, WILDWOOD ENTERPRISES, SAILOR BEAR
Distribuzione
BIM DISTRIBUZIONE
https://www.youtube.com/watch?v=KWKwgdtzQXk
Ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Negli anni del suo crepuscolo, dalla sua temeraria fuga dalla prigione di San Quentin a settant'anni, fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Forrest Tucker disorientò le autorità e impressionò il pubblico. Coinvolti in maniere diverse nella sua fuga, ci sono l'acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dall'impegno non violento profuso da Forrest nel suo mestiere, e una donna, Jewel, che ama Forrest nonostante la professione che l'uomo si è scelto.
"Robert Redford trova la porta chiusa. Sta per bussare. Poi di colpo ferma la mano. I suoi gesti restano sempre nella testa. Il modo in cui simula la pistola con le dita. Il suo saluto in La stangata. Per il suo addio allo schermo l’attore statunitense sembra ripercorrere tracce di tutta la su carriera in questo ottimo The Old Man & the Gun, terzo lungomeggio dietro la macchina da presa di David Lowery. Dove il regista riprende alcune tracce del suo secondo film, Ain’t Them Bodies Saint, dove i modelli di riferimento, nella vicenda dei due fuorilegge interpretati da Rooney Mara e Ben Foster, apparivano ancora quei gangster-movie a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, tra Gangster Story e I compari.
Ma stavolta, con Robert Redford che trascina in modo perentorio il film contrapposto a un altrettanto prodigioso Casey Affleck, il risultato è decisamente migliore. Il regista, anche sceneggiatore, si ispira a un articolo del New Yorker per raccontare la storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso gran parte della sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Ora, assieme ad altri due complici, continua instancabilmente la propria ‘professione’. Un ladro gentiluomo, che non minaccia e non ferisce mai nessuno. L’investigatore Hunt (Casey Affleck) inizia a argli la caccia. Ma al tempo stesso è anche affascinato da lui.
Un’ipnotica danza, che si manifesta anche nella scena del ballo di Hunt con la moglie, con a musica al piano e la colonna sonora che richiamano le atmosfere della New Hollywood. In un cinema che lavora con abilità e autentica nostalgia sul Mito, che riattiva il passato attraverso ricordi, fotografie (quella di Tucker con la moglie e la figlia), che ha un andamento lento, che va quasi contromano rispetto al genere oggi. in cui un pezzo di carta racchiude già tracce della sua storia, con le 16 evasioni dal carcere mostrate come flash, a partire da quella del 1936 da un riformatorio. Dove gli inseguimenti sembrano sovrapporsi sulle immagini di un cinema del passato. Con le auto della polizia dietro quella di Tucker. Il cofano che si apre. I soldi che escono. Oppure ancora il cinema on the road. Il viaggio senza meta (i diversi spazi, tra cui Dallas a San Francisco, attraversati da Forrest nel 1981, anno in cui è ambientato The Old Man & the Gun). Dove i protagonisti non avevano più una casa. E Redford trova provvisoriamente quella di Sissy Spacek. Con i cavalli. Con l’apparizione dell’attrice fulminante come in Una storia vera di Lynch. Il loro primo incontro dove che si è rotto il motore dell’auto della donna è già il segno di tutto un film che spazia continuamente tra il desiderio e il rimpianto. E che ha un fascino nascosto anche nel mettere in gioco il fuorilegge e l’investigatore. Nel loro incontro nel bagno di un locale, Lowery lascia interamente la scena ai due attori. Sguardi e parole di un cinem perduto. Dove altre immagini si sovrappongono. Quelle di Warren Oates in tv in Strada a doppia corsia di Monte Hellman. Quella di Redford giovane in La caccia di Arthur Penn dove Forrest Tucker potrebbe essere l’incarnazione di Bubber Reeves di quel film, anche lui criminale evaso dal penitenziario. Che si combina anche con le identità di Sundance Kid di Butch Cassidy e il truffatore di strada Johnny Hooker di La stangata, entrambi diretti da George Roy Hill. Un congedo dal grande schermo sontuoso quello di Redford. Ma ha attorno anche un film che funziona alla grande". (Simone Emiliani, sentieriselvaggi.it)
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L'APPARTAMENTO - THE APARTMENT
per il Cinema Ritrovato
venerdì 28 e lunedì 31 dicembre al cinema Roma
venerdì 28: ore 19.15 (v.o.s.i.)
lunedì 31: ore 17.00 (vers.it)
Usa, 1960
Regia: Billy Wilder
Attori: Jack Lemmon - Bud Baxter, Shirley MacLaine - Fran Kubelik, Fred MacMurray - Jeff Sheldrake, Ray Walston - Joe Dobisch, Jack Kruschen - Dr. Dreyfuss, David Lewis - Al Kirkeby, Hope Holiday - Margie MacDougall, Joan Shawlee - Sylvia, Naomi Stevens - Mildred Dreyfuss, Johnny Seven - Karl Matuschka, Joyce Jameson - La bionda, Willard Waterman - Vanderhoff
Soggetto: Billy Wilder, I.A.L. Diamond
Sceneggiatura: Billy Wilder, I.A.L. Diamond
Fotografia: Joseph LaShelle
Musiche: Adolph Deutsch
Montaggio: Daniel Mandell
Scenografia: Alexander Trauner (Alexandre Trauner)
Arredamento: Edward G. Boyle
Costumi: Forrest Butler - (abiti maschili, non accreditato), Irene Caine - (abiti femminili, non accreditata)
Effetti: Milt Rice
Durata 125'
Colore B/N
Genere COMMEDIA
Specifiche tecniche
35 MM, CINEMASCOPE, PANAVISION
Produzione
THE MIRISCH CORPORATION
Distribuzione
Cineteca di Bologna, Park Circus
https://www.youtube.com/watch?v=4zB8_RjZUgA
Bud Baxter, impiegato in una grande compagnia di assicurazioni, fa una rapida carriera, non per i suoi meriti personali, ma perché, avendo un appartamento da scapolo, ne concede l'uso ai superiori che vi incontrano le loro amichette. In tal modo egli si assicura la loro protezione. Lo stesso capo del personale, Sheldrake, ottiene un giorno da Bud la chiave dell'appartamento; ma questo scopre con profondo rammarico che l'amica di Sheldrake è Fran, una delle addette agli ascensori, ch'egli ama in segreto. Rientrando nell'appartamento, Bud vi trova Fran svenuta. La ragazza si è resa conto che Sheldrake, malgrado le precedenti promesse, non la sposerà, e disperata inghiotte dei sonniferi. Bud chiama un medico e prodiga alla fanciulla le più solerti cure, finchè la vede ristabilita, e poichè ella mostra di amare ancora Sheldrake, decide di salvarla sposandola. Ma quando si presenta al capo del personale per comunicargli i suoi propositi, questi lo previene dicendogli che ha deciso di far divorzio dalla moglie per sposare Fran. Alla fine Sheldrake chiede a Bud la chiave dell'appartamento; ma la richiesta provoca l'energica reazione dell'impiegato, il quale dichiara che non presterà più l'appartamento a nessuno, e contemporaneamente presenta le sue dimissioni dall'impiego. L'atteggiamento di Bud fa comprendere a Fran quanto sia profondo il suo amore per lei: ella tronca ogni relazione con Sheldrake e si rifugia nell'affetto di Bud, ch'ella ormai condivide.
"Mescolare commedia e dramma è notoriamente difficile, ma L’appartamento lo fa sembrare facile. Come un Martini perfettamente dosato, il film ha quel tanto di emozione che basta a compensare il suo paralizzante caustico cinismo. Il risultato è uno dei film più amati e appaganti di Billy Wilder. Tra satira spietata e fascino esuberante, L’appartamento alterna momenti dolorosi come un pugno allo stomaco e scene esilaranti. Ispirandosi a un’idea scribacchiata dopo aver visto Breve incontro (1945), Wilder prende la storia pruriginosa di un impiegato che per far carriera presta il suo appartamento ai superiori in vena di scappatelle e la trasforma in una sorprendente e sentita difesa della dignità umana. Jack Lemmon, mai così divertente e così commovente, è un uomo che fa del suo meglio per conformarsi a una cultura volgare, superficiale e spudoratamente sessista. Shirley MacLaine infonde un brio corroborante in colei che è una vittima di tale cultura, una donna che sembra prendere le distanze da se stessa esprimendo commenti taglienti sul proprio pathos. Sono circondati da un cast di personaggi secondari disegnati con il tratto elastico ed esuberante delle caricature di Al Hirschfeld, cui Wilder e I.A.L. Diamond mettono in bocca battute gioiosamente chiassose e intelligenti. Le scenografie di Alexandre Trauner, valorizzate dall’incisiva fotografia in bianco e nero di Joseph LaShelle in formato widescreen, ricreano con ricchezza e verosimiglianza la New York degli anni Cinquanta. Wilder si portò a casa tre Oscar (sceneggiatura, regia e miglior film) e lasciò agli spettatori la vigilia di Natale più allegramente deprimente, la partita di carte più struggente e forse la più esilarante preparazione di un piatto di spaghetti". (Imogen Sara Smith)
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